Intitolato “La tecnologia nell’istruzione: uno strumento a quali condizioni?”, il Rapporto 2023 sul monitoraggio globale dell’istruzione è stato lanciato in un evento a Montevideo, in Uruguay, ospitato dall’UNESCO, dal Ministero dell’Istruzione e della Cultura dell’Uruguay e dalla Fondazione Ceibal con 15 ministri dell’istruzione da tutto il mondo.
Propone quattro domande sulle quali i decisori politici e le parti interessate del settore educativo dovrebbero riflettere mentre la tecnologia viene utilizzata nell’istruzione:
È appropriato?
L’uso della tecnologia può migliorare alcuni tipi di apprendimento in alcuni contesti. Il rapporto cita prove che dimostrano che i benefici dell’apprendimento scompaiono se la tecnologia viene utilizzata in eccesso o in assenza di un insegnante qualificato.
È equo?
Durante la pandemia di COVID-19, il rapido passaggio all’apprendimento online ha escluso almeno mezzo miliardo di studenti in tutto il mondo, colpendo soprattutto i più poveri e coloro che vivono nelle aree rurali. Il rapporto sottolinea che il diritto all’istruzione è sempre più sinonimo del diritto a una connettività significativa, eppure una scuola primaria su quattro non dispone di elettricità.
È scalabile?
Prove solide, rigorose e imparziali del valore aggiunto della tecnologia nell’apprendimento sono più che mai necessarie, ma mancano. La maggior parte dei dati proviene dagli Stati Uniti, dove la What Works Clearinghouse ha sottolineato che meno del 2% degli interventi educativi valutati presentavano “prove forti o moderate di efficacia”. Quando le prove provengono solo dalle stesse aziende tecnologiche, c’è il rischio che possano essere distorte.
È sostenibile?
Il rapido ritmo del cambiamento tecnologico sta mettendo a dura prova l’adattamento dei sistemi educativi. L’alfabetizzazione digitale e il pensiero critico sono sempre più importanti, in particolare con la crescita dell’intelligenza artificiale generativa. Ulteriori dati allegati al rapporto mostrano che questo movimento di adattamento è iniziato: il 54% dei paesi intervistati ha definito le competenze che desidera sviluppare per il futuro. Ma solo 11 dei 51 governi intervistati hanno programmi di studio per l’intelligenza artificiale.
Fonte: Unesco.org
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